Mai stato bravo con i giochi di parole


Mai stato bravo a parole. Men che meno con i giochi; di parole intendo. Però Sonia insisteva. Forza, ha detto, guardandomi come fosse la cosa più importante della sua vita. Occhi come mare tropicale e voce che nemmeno quella di un bambino. E la bocca, di quelle che a sfiorarle ti tremano le gambe. Faccio per dire... Vedrai che ci divertiamo, e io a guardarla, lasciandomi convincere. E così siamo andati, una serata di quelle che non ti scordi. Quattro tizi, i nomi neanche con la moviola: uno basso, capelli lunghi; poi quello rossiccio, precipitato da qualche collina irlandese; la biondina griffata e infine questa qui, la pittrice coi boccoli neri. Proprio lei ha iniziato: Tocca a me, zombi! MacIntosh, occhi sbarrati, subito a ondeggiare. Ha artigliato le tette della modaiola addentandole un orecchio. Luna piena, ha biascicato, la lingua dentro la tromba di Eustachio. Lei l’ha respinto e si è abbassata i pantaloni sculettando. La riccia a disegnare. Intanto Sonia, al grido di pipistrello svolazzava nuda alla finestra. E quell’altra disegnava. Bene, devo ammetterlo. E scriveva dei mezzi geroglifici. Ho passato il turno non so quante volte, incapace di trovare un filo logico in quel gioco, ipnotizzato da quella pergamena, con le forme che prendevano vita man mano che gli altri sparivano. La stanza piena di ombre, io a sudare e ansimare. E quella disegnava. Mentre le ombre s’infittivano, lei ha sventolato la pergamena e mi ha sussurrato: lupo mannaro... Poi ha capito il suo errore, sentendomi ululare... “Ululare?” “Gliel’ho detto maresciallo, non sono bravo con i giochi di parole.” “E dov’è la mora, che ne hai fatto dei corpi?” “Sono nella pergamena, non vede le creature? Aspetti, mi lasci finire il disegno...” “Oddio, nooooo!” Non sono bravo a parole, ma in quanto a ululare e disegnare sono un vero mostro.


Dall'ebook Delitti, rimorsi e vendette, il resto lo trovi qui


Stella morente


L’astronave presidenziale stazionava a distanza di sicurezza dagli ultimi letali rigurgiti del sole in agonia. Jerion Gohr, presidente della repubblica mondiale, osservò assorto lo scenario dalla vetrata schermata dello studio: il pianeta azzurro galleggiava inerme davanti all’astro morente, in attesa dell’abbraccio finale del gigantesco inferno rosso. Secondo gli scienziati, la supernova era ormai prossima: ancora pochi giorni, una settimana al massimo. Le ultime navi stavano per lasciare l’atmosfera, poi il pianeta avrebbe visto l’effimero dominio degli animali abbandonati al loro fato. L’ammiraglio Caren, seduto al fianco del presidente, fissava il pavimento, non riusciva a nascondere lo sconforto: “Adesso, possiamo solo pregare”.


Stella morente, secondo classificato a "Fantascienza e dintorni 2006", il seguito della versione breve lo trovi di fianco nell'ebook "pillole di fantascienza"


La strega di Beaubois


“…E dunque vi esorto, miei cari fedeli, state alla larga da quel luogo di dannazione! Non fatevi ingannare, si tratta di malefici, è il diavolo che parla per bocca di quelle persone! Come fate a credere a quel vecchio ubriacone di Marcel, oppure a quel miscredente di Julien? E ora quelle bambine ignoranti! Potete star certi che il Signore punirà le loro menzogne, bruceranno all’inferno insieme a quell’essere abominevole! Mi rivolgo soprattutto a voi, pie donne: tenete i vostri mariti e i vostri bambini lontano dalle creature del maligno! E adesso, preghiamo insieme…”


La strega di Beaubois, il seguito lo trovi in questo libro


Seraphim


Sono sempre stato solo. Senza sostanza, senza sentimenti, senza storia. Solo silenzio snervante, sussurri, stagnazione. Sdraiato su spoglie strisce sbiancate, sognavo speranze, senza speranza. Sbiadite sensazioni stravolte, sconvolte. Soltanto Seraphim sembrava scorgermi. Seraphim, straordinaria saggezza, soave splendore. Sono semplice scenario scurrile, sgraziata sorte, spregevole struttura scarnificata. Sterco senziente, stupore scolpito su smunti spasmi sclerotici. Sognavo sentieri stellati, seni strabordanti, sospiri sincopati. Sentivo solo striduli sorrisetti strafottenti, spiacevoli sussurri. Stantuffi sibilanti spingono sostanze sterilizzate. Strumentazioni scintillanti sorvegliano sinapsi strappate. Soffio sospiri spirometrici, senza strumenti sarei spento, scomparso, seppellito. Sciocchezze! Sarebbe stata sicura salvezza. Se Seraphim sparisse, sì, solo se Seraphim smettesse, sarei sventurato sul serio. S’insinua sovente, silente, splendido sguardo smaliziato. Seraphim, spaventosa, sconvolgente, scopre sguaiati stiletti. Spirali sanguinolente, stille sideremiche scivolano sulla stoffa sbiadita. Seraphim, serpente spettrale, spinge, spreme, succhia. Strali scarlatti scendono sinuosi sul suo seno smanioso, strappi spasmodici simulano sesso sfrenato. Salto, scalpito, scivolo sul sottile sipario soprannaturale. Sono svuotato, sereno. Sei sazia Seraphim? Soddisfatta sorride, s’inarca, sospira. Sì. Sei sazia, sicuramente. Seraphim, straziante sorte, sempiterna sirena succhiasangue. Spietata, Selene s’inabissa silenziosa. Seraphim, seccata, scompare scattando, spaurita. Sono solo senza Seraphim. Sono sempre stato solo.



Frammenti di nulla


La prima volta che ho incontrato la morte, ero un ragazzino, frequentavo le medie. Fino ad allora l’avevo intravista solo al cinema e in televisione, o ne avevo sentito parlare. Lui si chiamava Marco. Era un mio amico. Di lui ricordo tre immagini. La foto che ci scattarono il giorno della nostra prima comunione, con i vestiti della festa. Aveva i pantaloni corti e i calzettoni fino al ginocchio. La seconda immagine è quella di un pomeriggio a casa mia, con i soldatini di plastica schierati sul tavolo della cucina. Non ricordo chi vinse la battaglia quel giorno, ma non importa, alla fine lui ha perso quella per la vita. continua...


Frammenti di nulla, finalista premio letterario Centorighe - Firenze, aprile 2011


La settima preda


La prima vittima, una vecchia, la prese coll'inganno,
"mi aiuti per favore", le disse, attirandola nel buio,
poi le mangiò il cuore.

Per seconda, un'hostess scelta nella folla,
spintarella sui binari e via, carne rosa divenuta colla.

La terza, era stato un gioco da bambini,
una bionda autostoppista, oramai cibo per cani.

Venne la quarta, azzurri occhioni adolescenti,
la uccise a morsi, le strappò il ventre con i denti.

Poi quinta, sesta, fremendo di piacere,
ascoltava il suono della vita evaporare.

Infine lei, bella, misteriosa, provocante,
l'incontrò di notte, lo scelse come amante.

Ma quando, dopo l'amplesso, lui alzò la lama
per colpirla, fu un istante troppo lento,
i canini assetati di lei lo consumarono nel vento.



La settima preda, finalista al concorso "100 parole per un incubo"


CR e il lupo


"E mi raccomando, stai alla larga dal parco" aveva detto la nonna a CR. "Sì nonna, stai tranquilla" aveva risposto lei. E così, era andata a scuola camminando sempre sul marciapiedi lungo la strada principale. CR stava sempre molto attenta alle raccomandazioni della sua adorata nonna; era una ragazzina giudiziosa. Frequentava la terza elementare, ma era molto più grande dei suoi compagni di classe: aveva undici anni e fisicamente ne dimostrava anche un paio di più. Ma la sua mente era quella di una bambina di sette o otto anni. Era nata 'normale' ma la situazione familiare in cui aveva vissuto nei primi anni di vita, fatta di percosse e violenze psicologiche quotidiane, aveva provocato a un certo punto una specie di blackout nel suo sviluppo mentale: ieri una bambina di cinque anni come tutte le altre, oggi non più. I medici non erano stati in grado di trovare una cura per il suo stato, gli esami erano tutti negativi, non c'era niente che non funzionasse secondo i loro parametri; rassegnati, dissero che secondo loro bisognava solo attendere, prima o poi sarebbe stata lei stessa ad uscire fuori dal guscio. Il padre di CR era morto per un'overdose di eroina. Il corto circuito mentale della bambina cominciò a manifestarsi in quel periodo, il suo corpo cresceva, ma la testa procedeva molto più lentamente. Pochi mesi dopo la madre era andata a stare in testacomio: "Un posto dove si curano le malattie nella testa delle persone" diceva CR a chi chiedeva spiegazioni sul significato di quella parola. Da allora viveva con la nonna materna. continua...


CR e il lupo, pubblicato in questo libro


Il trapianto


“Sei pronto?” Marco guardò l’amico che attendeva la sua risposta, il viso corrucciato da quell’aria buffa che ben conosceva. Sorrise, poi spalancò con un calcio la porta del bungalow e si lanciò di corsa in mezzo alla vegetazione tropicale. “Aspettami, così non vale!”, gridò con finto rammarico Daniele, correndogli dietro. Marco rallentò quel tanto per consentire all’amico di raggiungerlo, poi i due si presero il tempo a vicenda e proseguirono affiancati spalla a spalla, in perfetta sintonia. Quando giunsero dall’altra parte dell’isola, sbucarono dal limitare della foresta e si fermarono di colpo sulla striscia di sabbia. I loro corpi erano vestiti solo di sudore e cielo stellato; il mare era là, ad attenderli. continua...


Il trapianto, terzo e ultimo della trilogia comprendente "Tu la ucciderai" e "L'astronave dimenticata"